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L’OLIVA, STORIA DI UN GRANDE FRUTTO

di Horst SCHAEFER - Giornalista di Der Feinschmecker Schuchardt, autore di documentari sull’olio di oliva per la Radio e Televisione di Monaco di Baviera, autore dell’Encyclopedia Mondiale dell’Oliva pubblicato dal Consiglio Oleicolo Internazionale


Il Mediterraneo è la culla della nostra civiltà e la patria storica dell'olea europea var. Sativa, l'ulivo. Nel corso dei millenni, l'ulivo è stato considerato simbolo di abbondanza, di gloria e di pace, i suoi ramoscelli incoronavano i vincitori di pacifici giochi o di guerre cruente e l'olio dei suoi frutti consacrava i potenti della terra e aveva una preminente importanza nel campo alimentare, cosmetico e terapeutico. Grazie alle estese ed intense coltivazioni degli ulivi, prosperarono popoli come i Cretesi e i Filistei.

Nei tempi antichi l'olivicoltura era sviluppata per la maggior parte nel bacino orientale del Mediterraneo o nell'area della "Mezzaluna fertile", quindi in Grecia e nelle sue isole, nella Turchia sud - occidentale, in Siria e in Palestina. Oggi invece la posizione di primato mondiale è detenuta dalla parte occidentale del Mediterraneo, la produzione dell'olio d'oliva in Spagna ha infatti superato negli ultimi anni un milione di tonnellate, in Italia cinquecentomila ed in Grecia trecentomila.

Ritrovamenti preistorici dimostrano l'esistenza dell'ulivo in Italia sin dal periodo terziario, circa un milione di anni fa, a Mongardino infatti, nei pressi di Bologna, sono state scoperte foglie fossili. Noccioli di olive sono stati rinvenuti a Torre a Mare e Fasano a sud di Bari (5.000 a. C.) e sul Lago di Garda (età di bronzo, 1.500 - 1.000 a. C.).

L'olivicoltura cominciò a svilupparsi in Palestina, Siria e Creta, luoghi d'origine delle più antiche civiltà nel Mediterraneo. Piccoli mortai a presse nel museo dell'ulivo delle Industrie Sheman in Israele testimoniano la produzione olearia nel V millennio a. C., grandi cisterne e giganteschi otri in pelle di capra, fanno risalire lo sviluppo dell'olivicoltura a Creta addirittura a 7.000 anni fa. E proprio sulla produzione e sul commercio dell'olio d'oliva in Egitto per usi alimentari e cosmetici, si basava la ricchezza di questa perla del Mediterraneo orientale.

Un affresco della tomba del faraone Ramsete III in Egitto dimostra l'uso dell'olio nel secondo millennio a. C., sono raffigurati infatti "vasi a staffa", per la custodia di preziosi unguenti destinati al regno dei morti. Nella tomba del faraone Tutankamen sono state scoperte raffigurazioni di ramoscelli e foglie d'ulivo.

Anche nella Bibbia (Genesi 8, 10-11) si ritrova un'antica citazione relativa all'ulivo che risale al 1000 a. C.: Noè inviò in esplorazione una colomba dopo il diluvio universale che ritornò con una foglia d'ulivo nel becco in simbolo di pace. Inoltre, nell'antico testamento tutte le promesse, le ammonizioni, i precetti e le profezie fanno cenno agli ulivi, indispensabili e vitali per il popolo eletto.

Nel Partenone, il complesso scultoreo di Fidia riproduce Atena e Poseidone e fra essi l'ulivo, secondo la mitologia greca infatti la dea Atena piantò il primo ulivo sull'Acropoli come simbolo di vittoria contro Poseidone e da allora fu considerata la patrona dell'ulivo. In suo onore, si svolsero da allora, ad Atene, le Panatenee, un grande festival durante il quale fanciulle coronate di rami di ulivo portavano un nuovo peplo alla statua di legno d'ulivo di Atena posta sull'Acropoli. Le vincitrici venivano premiate con anfore colme di olio d'oliva. Ad Olimpia, i vincitori dei giochi olimpici in onore di Zeus, venivano coronati invece con ramoscelli d'ulivo.

I Greci e i Romani utilizzavano olio d'oliva per la preparazione degli atleti nelle palestre, per i massaggi, i bagni e la cura del corpo nelle terme, come unguento per uomini e donne una volta arricchito di profumi ricavati da erbe e fiori. Con alcune gocce d'olio si curavano ferite sanguinanti, si alleviava il prurito, si lenivano disturbi intestinali o di stomaco e si preparavano gli sciacqui per la bocca.

Furono i Romani a migliorare i metodi della produzione dell'olio grazie a studiosi, agronomi e scienziati come Aristotele, Catone, Plinio, Solone o Vitruvio. I reperti archeologici hanno tramandato conoscenze precise della raccolta delle olive, delle presse, dei torchi, delle macine e dei modi di conservare gli oli. Vi erano due procedimenti per ottenere l'olio: macinare o pressare le olive.

La macina più primitiva è la Canalis et Solis, una grande base perimetrata da solchi circolari su cu i le olive - spesso snocciolate - venivano calpestate con zoccoli o torchiate con pietre. Il tipo Trapetum è composto da una grossa pila in pietra o mortaio attorno cui girano due macine semisferiche. Infine la Mola Olearia è composta da una base circolare fissa nel cui centro è incastrato il braccio di una macina a ruota che gira intorno al suo asse.

Dopo la torchiatura delle olive, la pasta oleosa veniva posta su cesti o fiscoli e posta sotto una pressa. L'olio scorreva in un solco per defluire in un recipiente e successivamente veniva versato in grandi contenitori in cui si separava dall'acqua di vegetazione per decantazione. L'introduzione di grosse presse o torchi per le olive segnò l'inizio di una nuova era nella storia della produzione e alcuni modelli sarebbero ancora utilizzabili ai nostri tempi ma sono stati superati da sistemi moderni a ciclo continuo in cui le olive vengono frante con dischi o martelli e una centrifuga separa l'olio dall'acqua di vegetazione e dalla sansa.

Le tecniche sono cambiate ma l'impostazione del lavoro rimane dunque quella di una volta.